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Terremoti apprensione nello Stretto di Messina – 100 scosse nell’ultimo mese, l’INGV conferma: “sciame in atto”

Terremoti apprensione nello Stretto di Messina – 100 scosse nell’ultimo mese, l’INGV conferma: “sciame in atto”

Cresce la preoccupazione per lo Stretto di Messina, dopo la nuova scossa di magnitudo 3.2 verificatasi ieri sera alle 23:45. Nell’ultimo mese, dopo la scossa di magnitudo 4.0 del 23 dicembre, sono state più di 100 le scosse che si sono verificate nelle acque dello Stretto, tra Calabria e Sicilia, di cui molte avvertite dalla popolazione. E proprio ieri, dopo la nuova scossa nell’Appennino meridionale tra Campania e Molise, il sismologo dell’INGV Alessandro Amato ha spiegato che l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sta monitorando numerosi sciami sismici in atto in tutta l’Italia, ma tra questi tre sono considerati i più importanti e si tratta di quello dei monti del Matese, quello di Gubbio e quello di Messina.
“Si calcola – ha detto l’esperto – che oltre il 70% della sismicita’ italiana sia organizzata in sequenze”, tra “repliche di forti terremoti e sciami sismici, ossia sequenze disordinate nelle quali gli eventi principali sono distribuite casualmente nel tempo”. Negli ultimi anni, aggiunge, ”abbiamo avuto in media oltre 40 sequenze ogni anno in Italia e, ad eccezione del caso dell’Aquila nel 2009, tutte si sono esaurite dopo settimane o mesi senza dar luogo a forti terremoti”. L’analisi dei cataloghi storici in Italia indica che “ci sono stati periodi con terremoti piu’ forti e frequenti e che ci momenti in cui l’attivita’ sismica e’ stata decisamente piu’ intensa di quella attuale”. E’ accaduto, per esempio, tra fine ’600 e inizio ’700: ”a livello di rilascio di energia sismica e’ stato come avere ogni anno e per 20 anni consecutivi quattro terremoti come quello dell’Aquila del 2009, tutti nel Centro-Sud”. I piu’ disastrosi sono avvenuti nel 1688 nei Monti del Matese, nel 1693 nella Sicilia orientale, nel 1694 in Irpinia, nel 1703 a Norcia e all’Aquila, nel 1706 a Sulmona.
Ma un’altra “tempesta sismica” simile s’è avuta proprio all’inizio del ’900, circa cento anni fa, con il diastroso terremoto calabrese del settembre 1905 (magnitudo 7.0, centinaia di vittime), quello catastrofico del 1908 proprio nello Stretto di Messina (magnitudo 7.2, il secondo più forte in assoluto della storia d’Italia) e poi quello di Avezzano il 13 gennaio 1915 (magnitudo 6.9, oltre 30.000 vittime).
Quella dello Stretto di Messina, inoltre, è la zona sismica più popolata d’Italia: nell’ultimo millennio, infatti, le due più grandi tragedie sismiche del nostro Paese si sono verificate entrambe nello Stretto, con tantissimi morti tra Reggio e Messina: oltre 100.000 nel 1908, appunto, e prima ancora il 5 febbraio 1783 quando una scossa di magnitudo 6.9 provocò la distruzione totale e la morte di circa 50.000 persone. Ed è evidente che con uno sciame sismico in atto in una zona ad alto rischio in cui oggi vivono più di mezzo milione di persone, non si riesca a stare tranquilli. Dopotutto sui terremoti è impossibile fare previsioni precise. La natura del territorio con le faglie dello Stretto, però, basterebbe da sè per giustificare urgenti e importanti provvedimenti di prevenzione come verifiche sulla stabilità degli edifici, che – qualora fossero costruiti rispettando le normative e le tecnologie antisismiche – potrebbero garantire la sicurezza più assoluta consentendo alla popolazione di vivere in modo assolutamente sereno. A prescindere dalle eventuali scosse.

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