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CASO MORO, PROCURATORE CAPO DI ROMA CHIEDE GLI ATTI ALLA PROCURA

CASO MORO, PROCURATORE CAPO DI ROMA CHIEDE GLI ATTI ALLA PROCURA

Sul presunto coinvolgimento dei servizi segreti nelle fasi del sequestro di Aldo Moro, il Procuratore generale di Roma Luigi Ciampoli ha detto che richiederà gli atti di indagine alla Procura di Roma “per le opportune valutazioni”.

Le parole del pg
“E’ stato impropriamente fatto riferimento alla mia funzione – ha detto Ciampoli – per riportare opinioni personali di altri. Nel mio ruolo di Procuratore Generale di Roma, informo che oggi stesso chiederò gli atti relativi alla vicenda di cui si parla per l’esercizio di tutti i poteri attribuitimi dall’ordinamento”.

Il racconto dell’ex poliziotto Enrico Rossi
In via Fani la mattina del 16 marzo c’erano due agenti dei servizi segreti, in moto. Erano lì per coprire i brigatisti e assicurarsi che non trovassero ostacoli. Lo racconta l’ispettore, ex poliziotto dell’antiterrorismo Enrico Rossi. Che ci fosse una moto, sul luogo dell’agguato, lo si è sempre detto. Perché raccontato da un testimone oculare.

La moto in via Fani
Dalla moto partirono dei colpi, proprio all’indirizzo del testimone. L’ispettore Rossi afferma che tutto è nato da una lettera anonima, datata 2009, e inviata ad un quotidiano. L’autore della missiva sosteneva di aver scortato il commando che rapì Moro e di averlo fatto su ordine dell’allora colonnello del Sismi Guglielmi. Nella lettera dava anche indicazioni per rintracciare il secondo uomo con lui sulla moto. La lettera venne consegnata alla Questura e due anni dopo arrivò nelle mani del poliziotto. Non furono fatti i dovuti accertamenti, dice Rossi. E aggiunge che quando si mise lui stesso a indagare venne ostacolato. Risalì anche al secondo uomo ma non potè interrogarlo. Questo il suo racconto.

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