CASO MORO: SI CHIAMAVA ANTONIO FISSORE UNO DEI DUE UOMINI IN MOTO, MA LA MOGLIE: “IMPOSSIBILE”
Una moto con due uomini dei servizi a bordo, armati, in via Fani la mattina del rapimento di Aldo Moro. Lì per “proteggere” i brigatisti da eventuali ostacoli. A 35 anni di distanza da quel 16 marzo i due sono entrambi morti. Di uno ancora non si conosce l’identità mentre, dell’altro, si conosce nome e cognome: Antonio Fissore. Ma la moglie di questo smentisce che il marito in quel marzo del ’78 potesse essere a Roma. Eppure, in casa di Fissore, sono state trovate 2 armi, nella cantina una copia di Repubblica del 16 marzo 1978, una busta con un foglio dell’ex sottosegretario alla difesa Franco Mazzola ritenuto uomo che sa molto della vicenda Moro. Mercoledì intanto si riunirà l’ufficio di presidenza del Copasir, il comitato parlamentare di controllo per la sicurezza della Repubblica, per occuparsi dell’iter da seguire in merito alla vicenda del sequestro e omicidio dello statista democristiano Aldo Moro alla luce delle nuove rivelazioni. Ed entro maggio saranno desecretati e versati all’archivio di Stato gli ultimi 1.200 documenti riservati sul caso Moro.
Sul presunto coinvolgimento dei servizi segreti nelle fasi del sequestro di Aldo Moro, il procuratore generale di Roma Luigi Ciampoli ha detto che richiederà gli atti di indagine alla Procura di Roma “per le opportune valutazioni”. E dai pm romani verrà ascoltato Enrico Rossi, l’ispettore di polizia in pensione che ha riferito all’Ansa l’esito di una sua inchiesta da cui emergeva la presenza di due esponenti dei servizi a bordo della moto Honda notata in via Fani durante il sequestro del presidente Dc.
E mentre la magistratura cerca di far luce sui fatti di quei giorni, la moglie di uno dei due presunti agenti che avrebbero coperto le Br in via Fani si fa viva ed afferma che è assai improbabile che il marito fosse quella mattina a Roma. Franca Faccin, moglie di Antonio Fissore, dice di ricordare che in realtà nel 1978 l’allora marito non si è mai recato nella Capitale.
Fissore è morto nel 2012, in Toscana e, secondo la lettera dell’altro uomo in sella alla stessa Honda, anche lui deceduto alcuni anni fa, aveva in mano l’arma che venne puntata ed esplose proiettili all’indirizzo dell’ingegnere Alessandro Marini, che aveva il torto di passare di lì proprio nel momento dell’agguato e quindi essere un potenziale ostacolo all’operazione delle brigate rosse. Entrambi, Fissore e l’altro di cui non si conosce il nome, sarebbero stati agli ordini del colonnello del Sismi Camillo Guglielmi, proprio nella zona del sequestro quella mattina del 16 marzo 1978.
L’ispettore Enrico Rossi ha rivelato all’Ansa che “i servizi segreti aiutarono le Br in via Fani”. E ha riferito il contenuto di una lettera scritta da uno dei due presunti passeggeri della Honda che bloccò il traffico il giorno del rapimento, il 16 marzo 1978: “Dipendevo dal colonnello del Sismi Guglielmi. Dovevamo proteggere i terroristi da disturbi di qualsiasi genere”. Nella missiva anche dettagli per risalire all’altro agente alla guida del mezzo, “ma l’indagine fu ostacolata”.
I fatti descritti dall’ex ispettore di polizia, in particolare lo scritto anonimo del passeggero della moto, divulgato sei mesi dopo la morte, erano noti agli inquirenti capitolini dal 2012. Lo scritto era stato recapitato alla procura di Torino nel 2010 e da questa, dopo una serie di accertamenti, girato ai colleghi romani per competenza territoriale. Le indagini svolte nel capoluogo piemontese, secondo quanto si è appreso, non avrebbero sortito particolari effetti. In particolare, fu identificata la persona indicata come il conducente della moto, ma questi non risultò essere un uomo dei servizi, né implicato nel caso Moro.
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