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Melanoma. In Veneto la maggiore incidenza. Ma è Torino la città italiana dove ci si ammala di più

Melanoma. In Veneto la maggiore incidenza. Ma è Torino la città italiana dove ci si ammala di più

È allarme melanoma nel capoluogo piemontese. A lanciarlo i dermatologi dell’ospedale San Lazzaro della Città della Salute e della Scienza di Torino: nella classifica delle città italiane per numero di melanomi diagnosticati, Torino si attesta al primo posto con circa 19 casi all’anno ogni 100mila abitanti su una media italiana di 12 casi. Ma se aumenta l’incidenza, la mortalità è sostanzialmente stabile: la sopravvivenza infatti supera mediamente il 90% a 5 anni dalla diagnosi per rimanere sostanzialmente invariata negli anni successivi.

Per questo dall’ospedale torinese partirà una task force multidisciplinare di dermatoscopia, dermochirurgia, dermo-oncologia e nuove terapie mediche unite per fronteggiare questa patologia e per fornire una assistenza integrata secondo criteri e linee guida condivisi a livello regionale e nazionale. Tutti i dati e le nuove terapie sul melanoma a Torino ed in Piemonte verranno ufficialmente presentati domani 24 settembre 2013 nel corso del congresso “La gestione del melanoma alla luce delle nuove evidenze”, presso l’NH Lingotto Tech nel capoluogo piemontese.

I dati. Da un punto di vista epidemiologico, il melanoma è il tumore che ha presentato il maggior aumento di incidenza. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro stima che ogni anno vi siano nel mondo 160mila nuove diagnosi di melanoma. In Italia i dati indicano un trend in continua crescita con raddoppiamento nell’arco di una decina di anni. I tassi di incidenza variano da 6 casi per 100mila al Sud a 19 casi per 100mila nelle regioni del Nord.

In base agli ultimi dati aggiornati del Servizio di rilevazione epidemiologica del CPO Piemonte, emergono differenze tra le varie regioni con un picco massimo nella città di Torino, dove i maschi si attestano su un tasso di 17 e le donne di oltre 19; quelli più bassi si riferiscono alle città di Napoli, Sassari e Ragusa. Torino è al primo posto tra le città italiane per numero di melanomi diagnosticati con circa 19 casi all’anno ogni 100mila abitanti su una media italiana di 12 casi.
Il capoluogo piemontese precede città e province del Nord Est, quali Trento- Bolzano, Trieste e le provincie del Veneto, che è la Regione italiana con più casi di melanoma. La sola causa ambientale correlata è l’esposizione intensa ed intermittente ai raggi UV solari naturali ed artificiali.

Le popolazioni del Nord Italia sono a maggior rischio per la carnagione chiara e per la scarsa abitudine della pelle all’esposizione solare. I casi sono quasi raddoppiati dal 1996 al 2006. Ma i dati sono in costante incremento, 400 melanomi annui diagnosticati nel 2011 e 450 nel 2012 dall’istopatologia del Polo dermatologico delle Molinette sono stati già superati del 20% (490) nei primi 8 mesi del 2013 contro i 36 del 1975 ed i 190 di 10 anni fa. Il picco delle visite e delle diagnosi (+20-30%) si ha nel periodo estivo quando le persone evidentemente prestano più attenzione alla propria pelle.
E i numeri potrebbero essere sottostimanti: “Pur essendo il Polo Dermatologico delle Molinette, diretto dalla professoressa Maria Grazia Bernengo, il centro piemontese di riferimento per tale patologia – si legge in una nota stampa – molti altri casi vengono diagnosticati anche negli altri ospedali di Torino e provincia. Tutto ciò raddoppia sicuramente la casistica”.

La sopravvivenza a 5 anni supera il 90%. Per fortuna, mentre l’incidenza è andata aumentando, la mortalità è sostanzialmente stabile. Secondo i dati del Centro melanomi del San Lazzaro la sopravvivenza infatti supera mediamente il 90% a 5 anni dalla diagnosi per rimanere sostanzialmente invariata negli anni successivi, mentre per esempio in Polonia la sopravvivenza supera di poco il 50%. Il concetto fondamentale riguarda sempre la diagnosi precoce e quindi l’individuazione ed asportazione del melanoma sottile. L’incremento dell’incidenza del melanoma è stato infatti confermato specialmente per i melanomi sottili (49,6%). La diagnosi precoce è correlata all’abitudine del paziente ad un auto-esame della cute ed alla valutazione da parte di un dermatologo esperto.

Aumentano i costi. L’incremento dell’incidenza di melanoma, associato all’impiego di terapie sempre più evolute, ha determinato purtroppo un netto incremento dei costi di gestione sanitaria per il paziente affetto da melanoma. Meno del 10% è impiegato per il trattamento dei pazienti con melanoma in fase iniziale, mentre rispettivamente il 34% ed il 55% dei costi è destinato al trattamento dei pazienti con malattia metastatica regionale e viscerale. Gli ambiti futuri della ricerca dovranno quindi focalizzare le risorse da un lato sul potenziamento della diagnosi precoce di melanoma, dall’altro sul trattamento dei pazienti con malattia metastatica, utilizzando farmaci che riconoscano specifici “target” dei pathway biomolecolari di progressione e che possano associare una rilevante attività clinica con una buona tollerabilità, garantendo quindi un significativo mantenimento della qualità di vita.

Progressi in campo immunologico e biomolecolare. Negli ultimi anni ci sono state rilevanti novità in ambito di terapia medica, che è radicalmente cambiata per i melanomi in fase avanzata. Si hanno attualmente a disposizione farmaci in grado di contrastare efficacemente la malattia, quali l’ipilimumab, che agisce a livello immunologico inducendo una risposta immunitaria attiva contro le cellule tumorali, o il vemurafenib, che riconosce invece una particolare mutazione presente sulle cellule tumorali in una parte dei pazienti. Questi farmaci sono nettamente più efficaci della chemioterapia ed in più non ne presentano i ben noti effetti collaterali. Studi randomizzati hanno dimostrato come l’impiego di ipilimumab, attualmente disponibile anche in Italia, consenta un significativo incremento della sopravvivenza rispetto alla chemioterapia standard in pazienti con melanoma metastatico in fase avanzata.

Sempre in campo terapeutico, l’introduzione della elettrochemioterapia, una metodica che associa l’infusione di chemioterapici a basse dosi con la somministrazione di scariche elettriche direttamente a livello delle metastasi cutanee, ha determinato una maggiore possibilità di controllo delle stesse.

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